Questi giorni di meteo incerto stanno mettendo a dura prova la resistenza del sistema nervoso di moltissime persone, me inclusa. Non nascondo che mi sono chiesta se fosse il caso di scriverlo apertamente, e la risposta è nel post di oggi.
In quanto professionista dedicata al benessere sia fisico che emotivo degli altri, spesso mi ritrovo ad applicare a me stessa standard impossibili di equilibrio emozionale, forma fisica e coerenza dello stile di vita con i più alti ideali del cosiddetto “mondo olistico”: ma come, tu che ti dedichi così tanto alla crescita personale e alla cura del fegato, poi ti ritrovi a sbraitare in macchina al vecchietto col cappello e gli occhiali che va a 30 all’ora con le luci spente? Ebbene sì.
Questo mi provoca non solo enormi sensi di colpa, perché ovviamente non sono felice in ogni istante della mia giornata, ma acuisce enormemente una simpatica condizione chiamata Sindrome dell’Impostore: chi ne soffre, teme costantemente di essere smascherato in quanto sente di ricoprire indebitamente un ruolo. Il Re è nudo, e sa di esserlo.
Per fortuna, poi, mi ricordo di applicare davvero una delle poche regole di ogni percorso evolutivo che si rispetti, e mi dedico 5 minuti di compassione. Che non è compatimento, né pietismo, né carità pelosa (si vede che amo le sfumature della nostra bellissima lingua?): la compassione è quella condizione che ti permette di dirti che sì, ci stanno le giornate di m***a anche per te, ed è giusto che tu te le viva. Anche se hai clienti a cui risollevare il morale o con un problema fisico serio di cui prenderti cura.
Perché essere professionisti non significa dimenticarsi di essere umani, anzi. Proprio grazie al fatto di aver avuto giornate pessime o problemi fisici di una certa entità, possiamo immedesimarci negli altri, ed essere credibili quando indichiamo possibili vie d’uscita.
Quindi, sappi che ultimamente le mie giornate non sono state tutte belle. Anzi, qualcuna proprio bruttarella. Ma proprio per questo sono serena nell’accogliere i momenti bui di chi mi sta di fronte: so come ci si sta dentro e, per fortuna, anche come se ne esce, la maggior parte delle volte.