Qual è il senso del dolore? Gli auguri del mio ex marito; l’amante del mio ex compagno che cerca di contattarmi su Instagram. Due episodi scollegati fra loro, ma avvenuti nello spazio di poche ore e in un momento per me più sensibile del solito, sono bastati a riportare a galla la memoria di vecchie sofferenze: come un livido di cui mi ero dimenticata e che ho toccato per caso.
C’era il dolore e c’era la rabbia di provare così tanto dolore, ancora. C’era lo smarrimento di non sapere se sarebbe mai passato. Poi mi sono ricordata di una conversazione recente con un amico che ha saputo vedere, nella perdita prematura della sorella, un’occasione di evoluzione personale.
E ho pensato che, in effetti, la chiave è proprio quella.
Il senso del dolore è il risveglio alla vita, qui e ora.
Quei due episodi sono serviti a ricordarmi ciò che sono oggi, ad interrogarmi sullo spazio che voglio ancora dare al passato, a quanto peso è giusto che abbia nel mio quotidiano. Certe ferite faranno male sempre. Ma quel dolore si può (e si deve) circoscrivere, va arginato con la gratitudine per il tanto di bene che è venuto dopo, e con la consapevolezza che anche quelle esperienze ci hanno insegnato qualcosa. Forse addirittura che sono state utili.
Non sto dicendo che sia possibile non provare dolore, anzi. Nel momento in cui accade qualcosa che ci ferisce profondamente, è giusto e sano prendersi cura di quella sofferenza, esattamente come faremmo con un taglio sulla pelle. Quello che non aiuta è la contemplazione delle cicatrici: non spariranno, quindi tanto vale lasciarle dove sono e celebrare, perché no, anche la possibilità di procurarsene altre.